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Schweizer Presserat - Conseil suisse de la presse - Consiglio svizzero della stampa

Media Service: Scrivete: «Pubblicità» e basta - Reclamo contro «blick.ch» accettato (Presa di posizione 4/2019)

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Bern (ots)

Parti: X. c. «blick.ch»

Tema: Separazione tra parte redazionale e pubblicità / Native Advertising

Reclamo parzialmente accolto

Riassunto

Da qualche tempo il «native advertising» ha fatto il suo ingresso nei media svizzeri. Si tratta di contenuti pubblicitari non immediatamente riconoscibili come tali, tali perciò da confondere il lettore circa la loro vera natura. Il Consiglio Svizzero della stampa ne aveva preso atto nel 2017, inserendo nelle Direttive che applicano la «Dichiarazione dei doveri del giornalista» una nuova disposizione, da quel momento vigente senza possibilità di equivoco. È la Direttiva 10.1, che stabilisce quanto segue: «Inserzioni, emissioni pubblicitarie e i contenuti pagati o messi a disposizione da terzi devono formalmente essere chiaramente distinguibili dalla parte redazionale. Se visivamente o acusticamente non sono nettamente riconoscibili come tali devono essere esplicitamente dichiarati come pubblicità.»

Il primo reclamo dopo l'adattamento del codice

Era la prima volta, dall'introduzione della nuova regola, che il Consiglio della stampa affrontava un caso di «pubblicità nativa». Lo ha fatto accettando parzialmente un reclamo presentato da un medico contro il portale online «blick.ch» circa un servizio pubblicato nel luglio 2018 dal titolo «IQOS fa meno male di una sigaretta?». Il servizio aveva per oggetto una ricerca condotta a Neuchâtel da più di 400 specialisti per incarico della «Philip Morris International», all'insegna di «un futuro senza fumo». Sopra il titolo del servizio figurava una striscetta (banner) nera con la scritta: «Blick in cooperazione con IQOS - Blick in Kooperation mit IQOS». Alla conclusione del servizio, il lettore veniva avvertito con una nota a fine pagina di cosa effettivamente si trattava: «Questo servizio era a pagamento. 'In collaborazione' significa che il contenuto è stato elaborato e pagato da un cliente, ossia sponsorizzato e prodotto da Brand Studio.» Nella pagina principale del sito il servizio era lanciato da un teaser con un'immagine soprascritta: «High Tech sul Lago di Neuchâtel» e il titolo: «430 scienziati armeggiano attorno al futuro della sigaretta». Sopra, in alto a sinistra, in piccolo, si legge la scritta: «In cooperazione con IQOS -In Kooperation mit IQOS». Altre indicazioni circa il fatto che il contributo era a pagamento non erano date. Nella pagina erano del resto lanciati altri servizi da teaser, questi tuttavia tutti redazionali.

La raccomandazione del Consiglio della stampa: se è pubblicità, ditelo

Nella sua presa di posizione il Consiglio della stampa giunge alla conclusione che con la pubblicazone di questo lancio (teaser) «blick.ch» ha violato la Direttiva 10.1 annessa alla «Dichiarazione». Indicare semplicemente che si tratta di una collaborazione non è sufficiente. Il lettore comune non è infatti in grado di afferrare subito la natura pubblicitaria del servizio. La violazione, tuttavia, si riferisce solo alla pagina d'apertura del sito, perché nell'articolo, sia pure solo alla fine, è detto chiaramente che il servizio è pagato da fuori. Il Consiglio della stampa raccomanda ai media di rinunciare a termini come: «in collaborazione con» oppure: «contenuto sponsorizzato» (Sponsored Content), perché alla lunga danneggiano la fiducia che il pubblico deve avere nel giornalismo. Utilizzate «Pubblicità» e basta!

Un'ampia descrizione si trova nell'articolo di Klaus Lange («Native Advertising: un caso scomodo»), pubblicato nell'Annuario 2018 del Consiglio Svizzero della stampa, pp. 22-26, reperibile al sito: https://presserat.ch/wp-content/uploads/2018/06/PR_Jahrheft_2018_IT.pdf

Contatto:

Schweizer Presserat
Conseil suisse de la presse
Consiglio svizzero della stampa
Ursina Wey
Geschäftsführerin/Directrice
Rechtsanwältin
Münzgraben 6
3011 Bern
+41 (0)33 823 12 62
info@presserat.ch
www.presserat.ch

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