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Prési Conf. Moritz Leuenberger

Un mondo ideale

Berna (ots)

Discorso del Presidente della Confederazione Moritz
Leuenberger in occasione del campo scout eurolife.01 Interlaken, 1º
agosto 2001
Cari scout di tutta Europa e di tanti altri Paesi del mondo, sono
lieto di poter festeggiare con voi il 1º agosto!
Oggi la Svizzera celebra la sua festa nazionale. Ogni Paese
festeggia la propria: spesso viene ricordata la fondazione dello
Stato, in altri casi la fine della guerra o un accordo di pace. Ogni
festa ha le sue tradizioni. Noi in Svizzera celebriamo il Patto del
Grütli, accendendo falò che, con il passare del tempo, si sono
trasformati in spettacolari fuochi d'artificio.
Anche voi scout avete una storia quasi centenaria alle spalle.
Anche voi andate fieri delle vostre tradizioni e delle vostre regole,
anche voi stringete patti e accendete falò, ma, per fortuna, il
vostro atteggiamento nei confronti dei fuochi di artificio è più
prudente, più ecologista.
Quel che importa però non sono tanto i rituali quanto i contenuti.
Quando fate la vostra promessa, accettate di impegnarvi costantemente
ad essere responsabili, a proteggere i più deboli, a capire gli
altri, a rispettare la natura e tutti gli esseri viventi. La vostra
organizzazione si è resa conto sin dall'inizio che tutto questo è
possibile solo superando i confini nazionali. Lo scoutismo è un
movimento internazionale, lo dimostrano chiaramente la parola
"eurolife" e lo slogan "world citizenship", ovvero cittadinanza
mondiale.
I campi scout come il vostro sono il simbolo di una civiltà
globale, di un mondo nel quale vi sono sempre meno barriere e che ci
offre possibilità infinite e una libertà senza limiti.
Ma libertà non significa liberarsi da tutti gli obblighi e non
avere responsabilità. La libertà deve avere un contenuto: non esiste
una libertà senza limiti, altrimenti non è più libertà.
Quello che vale in un piccolo contesto si applica a maggior
ragione anche ad un contesto più grande.
Gli Stati nazionali, da soli, non possono risolvere i grandi
problemi. È loro dovere pertanto rinnovare le promesse di
indipendenza, pace e solidarietà fatte nei secoli scorsi, perché la
pace non regni soltanto all'interno dei confini nazionali, ma nel
mondo intero, perché la tutela dei fiumi, delle montagne e dei prati
non si limiti al territorio nazionale, ma diventi protezione
dell'ambiente e del clima di tutto il pianeta.
La globalizzazione, infatti, ci rende sempre più interdipendenti.
Fatti che avvengono in luoghi lontani ci riguardano oggi più da
vicino e in modo più immediato rispetto a prima. Alcune decisioni che
sembrano avere conseguenze solamente a livello locale assumono
rapidamente importanza anche sul piano internazionale. Gli svantaggi
di pochi possono diventare svantaggi per il mondo intero e quindi per
noi tutti.
I caribù, le renne canadesi, vagano estenuati su suoli che sono
stati sempre ghiacciati e che ora invece sono coperti di fango. Gli
orsi polari raggiungono le loro zone di caccia quando è ormai tardi e
cos" muoiono di fame, perché i ponti di ghiaccio che permettono loro
di accedere alla terraferma si formano con molto ritardo.
Cosa c'entrano con noi gli orsi polari e i caribù dell'Artide? Da
sempre l'uomo interviene sulla natura, trasformandola, coltivandola e
modificandola per trarne vantaggio.
Oggi tuttavia vi è il pericolo che questi interventi siano nefasti
per l'uomo. Il cambiamento climatico minaccia milioni di persone,
come ad esempio gli abitanti della costa del Bangladesh, dove
l'aumento del livello del mare provoca allagamenti dalle conseguenze
catastrofiche, o gli abitanti di alcune regioni africane, che
potrebbero ritrovarsi a vivere in steppe e deserti, o ancora qui da
noi gli abitanti delle zone alpine, che senza neve e senza turisti,
perderebbero la loro principale fonte di guadagno.
I pericoli a cui sono esposti i caribù e gli orsi polari nelle
regioni artiche sono quindi pericoli che riguardano tutti noi:
minacciano lo sviluppo economico e, di conseguenza, la pace fra gli
uomini e fra i popoli. Anche per questo la sorte dei caribù e degli
orsi polari non può lasciarci indifferenti.
Teoricamente, questa minaccia è riconosciuta a livello mondiale.
Già una decina di anni fa, a Rio, la comunità internazionale si era
accordata sul principio dello sviluppo sostenibile.
Quali immense difficoltà si incontrano però a tradurre in pratica
questi principi teorici! Con quale frequenza le potenze economiche
intervengono per frenare, all'ultimo momento, l'attuazione di piani
ecologici! Diamo uno sguardo al di là dell'oceano: gli Stati Uniti
hanno annunciato il loro disimpegno sul fronte della riduzione del
CO2. Guardiamo cosa è successo a Bonn, dove pochi giorni fa si è
conclusa la conferenza internazionale sul clima, nella quale il
Giappone è riuscito a negoziare ampie concessioni a favore della sua
economia.
C'è ancora molta strada da fare per arrivare ad un accordo fra gli
Stati sulla definizione di strumenti efficaci contro la minaccia dei
cambiamenti climatici.
So bene che proprio l'infinito tira e molla intorno alla
protezione del clima non giova a rafforzare la fiducia nella
politica. Ma questo non deve essere un motivo per voltarle le spalle.
Al contrario: proprio le difficoltà devono rafforzare il senso di
responsabilità verso una politica del clima che garantisca la
sopravvivenza della Terra. Anche la responsabilità verso i deboli e
l'ambiente deve globalizzarsi, non solo l'economia.
La globalizzazione si basa su un intreccio sempre più fitto e
internazionale di relazioni economiche. Si basa su tecnologie nuove
la cui portata oltrepassa i confini degli Stati, come per esempio
Internet. Si basa anche su un dialogo culturale che oltrepassa le
frontiere, come ad esempio quello sui diritti umani, che è stato un
fattore decisivo per il superamento della Guerra fredda, altrettanto
importante del fattore militare e di quello economico.
La globalizzazione non è uno spettro che dobbiamo temere o
combattere: è un fenomeno che, di per sé, non è né buono né cattivo.
Ma non dobbiamo lasciare che siano solamente le forze economiche e
tecnologiche a cavalcarlo; dobbiamo sfruttarlo e farlo avanzare anche
come veicolo politico e culturale. "Building world citizenship", il
motto del vostro campo, non vale solo per gli scout, e non deve
durare solo una settimana.
World citizenship" è il sogno di noi tutti ed è un sogno che
vogliamo inseguire anche al di là di questa giornata di festa
nazionale e di questo campo. Alla fine di questa esperienza,
ripenserete con piacere alla vostra riuscita convivenza in una
colorata tendopoli multiculturale e multietnica. Purtroppo, la pace
tra i popoli non è una cosa ovvia neanche in Europa, come possiamo
constatare osservando ciò che accade in Macedonia.
In occasione della nostra festa nazionale, quindi, non vogliamo
limitarci a esaltare la nostra capacità di vivere in pace. Dobbiamo
piuttosto affermare che la pace interna non potrà essere considerata
duratura finché i nostri vicini in Europa e nel mondo intero non
saranno in grado di vivere con dignità e nella sicurezza.
Ciascuno deve fare la sua parte affinché questo grande sogno di un
mondo senza più divisioni diventi realtà. Un mondo che non sia
suddiviso in primo, secondo e terzo mondo; un mondo in cui non vi sa
una parte che approfitta della globalizzazione e un'altra che ne
subisce le conseguenze. In qualunque Paese sia e qualsiasi funzione
svolga (voi quella di scout, io quella di Presidente della
Confederazione), chiunque lavora a questo progetto dovrà seguire la
propria strada.
Ma il sogno, quello continueremo a viverlo insieme.
Fa fede il testo parlato!

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