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Discorso del Presidente della Confederazione Moritz Leuenberger in occasione della presentazione dell'opera «Tra sogni e strategie», Università della Svizzera italiana.

Lugano (ots)

Fa fede il testo parlato!
Signore e signori,
lo spunto della manifestazione di oggi, in fondo, è il vernissage
del mio libro «tra sogni e strategie». Di regola, in queste
occasioni, l'autore è solito leggere singoli passaggi della sua
opera. Oggi non mi attengo a questa tradizione, perché
  • da una parte, un discorso già tenuto in un'altra occasione e destinato a un certo pubblico, difficilmente può essere pronunciato una seconda volta;
  • d'altra parte l'incontro di oggi, fissato già diversi mesi fa, coincide quasi con la fine del mio anno di presidenza, caratterizzato da incidenti, gravi crisi e catastrofi che, raramente, si susseguono con tale frequenza.
A giusto titolo, probabilmente, l'editore Dadò si è detto che, di
questi tempi, non si può semplicemente parlare di sogni; e così Vi ha
attirati qui nell'Aula Magna dando alla manifestazione il titolo «Un
anno di presidenza in una Svizzera in difficoltà». (Io avevo però già
confermato la mia presenza a Lugano prima di conoscere il
titolo....). Naturalmente vogliamo anche discutere della situazione
del nostro Paese; Vi propongo però di farlo, dopo la relazione,
durante un dibattito aperto.
Si aggiunga il fatto che l'incidente nella galleria stradale del
San Gottardo suscita paure particolari in Ticino, per esempio quella
di rimanere isolati dal resto della Svizzera. Un presidente e
ministro dei trasporti che viene a Lugano senza toccare questa
problematica, invece di disquisire sui sogni farebbe probabilmente
meglio a consegnare subito le sue memorie a un editore.....
Nella Svizzera italiana è opinione corrente che noi Consiglieri
federali ci facciamo vedere soltanto in rare occasioni (se non per
andare al Festival del cinema di Locarno). Ripercorrendo la mia
agenda degli ultimi anni, constato però che la mia presenza in Ticino
è altrettanto frequente che in tutte le altre regioni della Svizzera.
Grazie in particolare alla sessione primaverile delle Camere federali
a Lugano, quest'anno ho avuto modo di esprimermi più spesso del
solito davanti a un pubblico ticinese.
Mi balza però all'occhio una differenza: i discorsi su temi quali
«politica e cultura», «l'arte di trovare il ritmo giusto», i «limiti
della libertà» o «l'elogio dell'uguaglianza», tutti discorsi che mi
stanno a cuore, li ho tenuti davanti a un pubblico di lingua tedesca
o francese. (È vero che la relazione sull'elogio dell'uguaglianza
l'ho tenuta qui a Lugano al Palazzo dei congressi; tuttavia,
trattandosi della Giornata dei banchieri, il pubblico era in gran
parte di lingua tedesca; o forse capiva addirittura soltanto
l'inglese ?). I discorsi in italiano, invece, trattano per lo più di
strade, ferrovie, gallerie, emissioni foniche e impianti di
incenerimento dei rifiuti.
Questo dato di fatto non è certamente da attribuire al Vostro
Cantone, ma al mio Dipartimento. E così, il mio lavoro quale ministro
dei trasporti, dell'energia, dell'ambiente, della posta e delle
telecomunicazioni qui in Ticino è più richiesto delle mie riflessioni
su «Dio e sul mondo» (o «über Gott und die Welt», come diciamo in
tedesco......). Il Ticino ha bisogno in primo luogo di infrastrutture
efficienti, che gli permettono di comunicare (con Dio e) con il mondo
....
Per il Ticino ciò è importante proprio ora, nella situazione che
si è creata dopo la sciagura della galleria stradale del San
Gottardo. Il Vostro Cantone, per non essere isolato, ha bisogno dei
collegamenti con il resto della Svizzera, ma non solo: ha bisogno
anche dei collegamenti con l'Italia, con la Germania e col resto
dell'Europa. Per garantirli, le nostre frontiere devono rimanere
aperte.
Non solo il Ticino si interessa in primo luogo del mio lavoro di
ministro «delle infrastrutture»; so che tutti gli Svizzeri, in fondo,
la pensano così. Mi ha però colpito una critica che mi è stata
rivolta durante questo anno di presidenza.
Quando, nel corso di un incontro svoltosi a Ginevra alla presenza
di Kofi Annan, Jacques Chirac, Laurent Kabila e Vojislav Kostunica ho
tenuto un discorso sui diritti dell'uomo, la reazione della stampa
svizzero-tedesca è stata la seguente: «Il Presidente si rifugia in
discorsi altisonanti sui diritti dell'uomo anziché occuparsi dei veri
problemi che assillano la Svizzera, come per esempio le colonne sulla
A2».
In fondo, questa non è nient'altro che una critica al nostro
sistema presidiale: In questo sistema il presidente rimane a capo del
suo Dipartimento: egli deve occuparsi di tutti gli affari correnti e,
nel contempo, dovrebbe però anche essere un idealista. Nei discorsi
che ho tenuto durante quest'anno di presidenza ho tentato di rendere
proprio questa idea, ossia l'idea di essere combattuti tra gli ideali
e il lavoro concreto, da svolgere giorno per giorno.
Ora, la pubblicazione di questi discorsi in lingua italiana
costituisce per me un'opportunità: l'opportunità di instaurare un
dialogo con il pubblico. Tenere discorsi è uno dei mezzi per
adempiere i compiti della nostra democrazia e curare il dibattito
politico. Nella mia funzione di politico, ho capito che non ci sono
mai risposte semplici e univoche; le risposte si trovano sempre
soltanto se, ad ogni affermazione, viene contrapposta una domanda, se
ogni tesi è di volta in volta messa in forse.
Svolgere questo dialogo in italiano - e di un dialogo deve
trattarsi, non di un monologo - per me non è sempre facile.
Nella prefazione alla versione tedesca di questo libro ho scritto:
»I miei discorsi nascono da dialoghi che si svolgono non solo prima,
ma spesso anche durante l'allocuzione. Alcuni aneddoti, chiarimenti,
spiegazioni sono la risposta al sorriso di un ascoltatore, a un
cenno, a un richiamo proveniente dalla platea. La lettura di un
discorso vive della presenza attiva del pubblico e risulta monotona
se questo rimane apatico».
Dialogare con gli ascoltatori mi riesce però meno bene in
italiano. Avendo imparato questa lingua in un corso intensivo di sole
tre settimane, ho bisogno della comprensione e della tolleranza di
chi mi ascolta. Ho fatto quest'esperienza a più riprese, in ultimo
per esempio a Bissone. Durante la mia visita nella scorsa primavera,
sono stato accolto dalle autorità e dalla popolazione come un
signore, benché, come ministro dell'ambiente e dei trasporti, mi
aspettassi di essere linciato o, perlomeno, di essere legato per
punizione a un ponte dell'autostrada; così come un tempo Prometeo fu
incatenato a una colonna. La punizione avrebbe potuto essere anche
più severa. Sì, perché Prometeo, almeno, aveva portato agli uomini il
fuoco, diventando così il fornitore del primo servizio pubblico.
È vero che il mio compito principale consiste nel garantire il
servizio pubblico. Ma vorrei ripetere in questa sede un pensiero che
ho più volte sottolineato nel mio libro: il più importante servizio
pubblico, la più importante infrastruttura è la cultura. Ciò vale in
particolare per un Paese come il nostro, dove convivono quattro
lingue e culture diverse, ciò vale soprattutto in questa cosiddetta
«Willensnation». È forse per questo che i miei occasionali giochi di
parole e le fantasticherie alle quali a volte mi abbandono, sono così
richiesti, come dimostra il fatto che il mio libro «Träume und
Traktanden» viene ristampato già per la quinta volta. Vorrei però
sottolineare che l'edizione italiana non è semplicemente una
traduzione di quella tedesca. I discorsi contenuti nel volume
italiano sono in gran parte quelli dell'anno di presidenza, che in
tedesco non sono stati pubblicati.
In primo luogo vorrei pertanto ringraziare i traduttori del mio
Dipartimento, che hanno sollecitato e incoraggiato la pubblicazione
dei discorsi in lingua italiana. I miei ringraziamenti vanno anche
all'editore Armando Dadò, che ha prestato il suo nome a questo
esperimento; mi auguro vivamente che, con l'investimento effettuato,
non abbia a subire un grounding..... E infine vorrei ricordare con
particolare gratitudine Giovanni Orelli, che ha riletto ancora una
volta i testi prima della pubblicazione. Tutti sappiamo che in ogni
lingua vi sono termini ed espressioni che non si prestano ad una
semplice traduzione meccanica. Penso per esempio alle difficoltà,
incontrate nel discorso per il 1° d'agosto, di trovare un termine che
rendesse in modo adeguato la nozione tedesca di «Heimat».
La revisione di Giovanni Orelli ha costituito un difficile
incedere sul «fil di lama», un esercizio di equilibrismo tra due
culture linguistiche; operazione, questa, assai più complessa che
costruire una galleria o una strada alpina.
Con questo libro, tutti coloro che hanno partecipato alla sua
realizzazione vogliono contribuire a superare una barriera, che oso
definire il «massiccio linguistico-culturale del San Gottardo». E i
lettori che vorranno avvicinarsi a questi testi, compiono lo stesso
passo.
In questo modo potremo forse incontrarci davvero e conoscerci
meglio, evitando così un «clash culturale».

Contatto:

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